DI CARLO: “CHIEVO, MANCA POCO PER ESSERE AL TOP”Ritrovare Veronello l’ha messo di buon umore. Lo spogliatotio, i campi d’allenamento, i piccoli rituali ricordano quel duro lavoro, svolto la scorsa stagione, con cui s’è guadagnato la riconferma sulla panchina del Chievo.
“Siamo a metà del guado”, sostiene adesso Mimmo Di Carlo,
“e in queste due settimane che ci separano dalla Juventus inizieremo a rivedere il mio Chievo”.. Il suo Chievo non è ancora pronto.
“Ma ha curato molto bene la fase atletica, a San Zeno di Montagna, e sapete che quando si semina è logico, prima o poi, ottenere risultati. Cosa manca? Concretezza in fase offensiva, dobbiamo recuperare lo smalto nei meccanismi, nei movimenti delle punte. Siamo qui anche per questo”Il test di sabato scorso a Birmingham, 0-0 contro il West Bromwich Albion, è servito a isolare limiti e carenze.
“Loro correvano di più anche perché erano avanti rispetto a noi nella preparazione. Però abbiamo retto, ho visto dedizione, impegno, voglia di tentare la giocata. Intanto accontentiamoci di questi confortanti segnali caratteriali”E’ piaciuta soprattutto la cultura calcistica inglese, a Di Carlo.
“Basta guardare i loro stadi, sarebbero l’ideale per qualunque club in Italia: ma qui, purtroppo, siamo indietro. E parecchio…”CITAZIONE
Corriere di Verona
LUCA CAMPEDELLI: “IO, IL CHIEVO, L’HELLAS, LA FUSIONE, LA CITTA’… E LA SUA ARIA UN PO’ COSI’”Con quella faccia un po' così, che hanno (anche) a Verona. Luca Campedelli sorride. Lo farà spesso, lungo i passi di un faccia a faccia scandito da toni bassi e verità profonde, da sussurri e grida che teneva dentro da tempo e che ha voglia di raccontare. Non gli succede spesso e forse per questo, quando lo fa, se si decide a farlo, vale la pena ascoltare. Luca Campedelli ha il pregio (grandissimo) di parlare poco e dire molto, evitando, spesso e volentieri, le cose banali e quelle scontate. Dal suo balcone privilegiato, con vista sulla serie A, dà un'occhiata al fiume che scorre, al tempo che passa, al calcio che cambia, al Chievo che non cambia, a una favola che non c'è più, a un'altra che (forse) sta per cominciare, a sogni mai finiti, a qualche illusione perduta. Rispetto a ieri, dice, è cambiato un bel po' e non solo per via degli anni che volano. Siede lì, dietro a quella scrivania, da 17 anni. Era poco più di un ragazzo, s'è fatto uomo in fretta. Era un romantico che pareva inguaribile, ma di romanticismo glien'è rimasto giusto un filo, grattato via tutto il resto a colpi di Cragnotti e di Cesari, di sgambetti e colpi bassi, "... dai quali ci siamo rialzati più forti". Lui e il Chievo, dentro una città ("... una regione", precisa) di cui non è ancora (forse) arrivato al cuore. La sua prossima scommessa probabilmente è questa. "Non lo so, non so se succederà, voglio dire. Però, detto tra noi, non è neanche che ci perda il sonno. Se succede, bene, se non succede, pazienza. Non voglio stare in paradiso a dispetto dei santi, giusto per essere chiari".
Perché il Chievo è amato in tutta Italia e forse non altrettanto a Verona? "Guardi, ho smesso di pensarci. Mi tengo la simpatia e l'affetto che incontriamo dappertutto, Europa compresa, quando ci andiamo. Per il resto, l'ho detto, se ci vogliono siamo qua, se non ci vogliono, chiedo solo ce lo dicano chiaramente"
Presidente, lei credeva alla fusione? "Qui bisogna scindere l'aspetto della passione, dei sentimenti, diciamo del punto di vista del tifoso da tutto il resto. Questo ha sicuramente inciso perché il progetto trovasse ostacoli e non andasse in porto. Ma per il resto, se la guardiamo da un'ottica imprenditoriale, la logica portava per forza di cose a un unico obiettivo. Per quello, del resto, se n'era parlato a fondo. E non lo pensavo solo, io, chiaro? Sarebbero stati due interessi che si univano, due forze e non due debolezze"
Allora, la favola non è finita... "Piano, mettiamoci d'accordo. La favola è finita, lo dico adesso e non lo dirò mai più. Basta favola, perché su questo qualcuno ci gioca. Il Chievo è una realtà consolidata, 8 anni di serie A, Coppa Uefa, preliminari di Champions, rappresentiamo Verona, anzi, il Veneto, in serie A. Siamo una delle due squadre di calcio della città, non dico la prima o la seconda, ma ci siamo. Vorrei che questo fosse chiaro a tutti"
Il giocatore che vorrebbe sempre con sé... "Di quelli del passato? Brighi, senz'altro. Franceschini? Beh, è un rimpianto di Giovanni Sartori. Lui sostiene sempre che lasciarlo partire fu una cazzata. Poi, vediamo, se tornassi indietro, magari, mi sarei tenuto Amauri e avrei ceduto Semioli, magari rinunciando a qualche soldo. Ecco, certe volte dovrei seguire di più il mio istinto"
Presidente, mai parlato così tanto. Allora è vero che Campedelli è cambiato..."Mettiamola così, scriva che ho capito che non sempre è giusto far silenzio. Ogni tanto, qualcosa bisogna pur dire, no? A star sempre zitti non guadagni punti. D'altra parte, dal primo anno di A è passato un po' di tempo. Allora, per tutto il Chievo, la A era un sogno, un po' come l'isola che non c'è. Adesso l'isola c'è. E guai a chi ce la tocca"