Kakà: "Sento dolore"
E il rientro è un mistero
Il fuoriclasse del Milan non è ancora pronto a causa del problema al piede sinistro: niente Atalanta. Ronaldinho è in ritardo ma spera di recuperare. Intanto negli spogliatoi serpeggia il malumore dovuto alla gestione degli infortuniDOHA (Qatar), 5 marzo 2009 - Un mese non è bastato e l’umore non è dei migliori. Ricardo Izecson dos Santos Leite, il Kakà popolare fra i ragazzini anche nel Golfo Persico, fatica a trovare il sorriso mentre visita l’Aspire Academy, migliaia di modernissimi metri quadrati dedicati a quelli che, fra i 12 e i 16 anni, sognano di diventare campioni e hanno abbastanza talento da essere selezionati per sperarlo. Ricardo gira fra un campo di calcio sintetico e una palestra, fotografa una piscina stellare, si mette in posa con tutti. Ma fa fatica persino in questo contesto di esuberanza giovanile. "Che cosa volete che dica? Parlerò quando rientrerò".
DOLORE - Quando, appunto, non si sa bene. Non domenica contro l’Atalanta, e il malumore dovuto alla gestione degli infortuni serpeggia nella truppa milanista. Per quanto riguarda Kakà, la diagnosi (distorsione metatarsale al piede sinistro) per l’infortunio del 7 febbraio non è cambiata, ma la prognosi alla fine è risultata troppo ottimista: almeno 15 giorni, si diceva, e prima del derby pareva che potesse provare a correre e addirittura recuperare. Illusioni. "Sto meglio", dice Kakà. "Sto lavorando, ma il dolore c’è ancora".
STOP - Dunque, è difficile prevedere il suo rientro in campo, per non parlare di Ronaldinho, che sembra perfino più ottimista di Ricardo ("magari per domenica ce la faccio"), ma è assai poco probabile che Ancelotti lo mandi in campo in una partita cruciale senza allenamenti nelle gambe. Ronaldinho non si allena regolarmente da un mese, e ha giocato a Brema solo con l’aiuto di un’infiltrazione.
RABBIA E SILENZI - Nemmeno il viaggio al caldo del Qatar ha migliorato gli umori del Milan, peggiorati anzi dalle frecciate di Mourinho: non raccolte ufficialmente, ma questo non significa che non abbiano lasciato il segno. Si va dal "può parlare solo lui, perché è primo in classifica, quindi meglio mordersi la lingua", al "non sa quello che dice". I giocatori sono piuttosto seccati, l’allenatore pure, ma la linea della società per ora è: allineati, coperti, concentrati sulla necessità di mettere al sicuro il terzo posto. Impresa non semplice finché Kakà resta virtualmente in infermeria.
