Te lo ricordi?, Le meteore del nostro campionato

« Older   Newer »
  Share  
burruchaga
view post Posted on 26/11/2007, 17:30




Era un bel pò di tempo che volevo aprire questo topic di cui ho un sacco di materiale a disposizione... Spero vi possiate divertire e io cercherò di postare il più possibile...

IL NUMERO 1 È:

Carlos Toffoli: El Gaucho

image

Era l'estate del 93, con il Lecce pronto ad affrontare, per la quinta volta nella sua storia, l'avventura della Serie A. Il mitico d.s. Mimmo Cataldo andò a pescare in Brasile quella che da li' a poco sarebbe diventata la bufala del secolo! El Gaucho, come amava farsi chiamare, proveniente dal Flamengo di Rio era accreditato della bellezza di 400 goal siglati in patria. In realtà bastarono 5 giornate per sfatare il mito: il magico puntero brasileiro lasciò il Salento non prima di averci regalato una perla che rimarrà a lungo nella nostra memoria. Alla terza di campionato infatti nel derby Lecce-Foggia sbagliò un calcio di rigore per i giallorossi. Si presentò sul dischetto sicuro che mai e poi mai avrebbe potuto sbagliare. Naturalmente...sbagliò! Ne venne fuori un tiro centrale (una vera zappata nell'erba n.d.D.) lentissimo per di più, tanto che il portier Mancini nonostante si fosse già buttato, ebbe tutto il tempo di rialzarsi ed "aspettare" il pallone. In quel momento il nostro uomo entrò nella leggenda... Si dice che distrutto da quest' episodio El Gaucho si ritirò a vita privata.

(Fonte: tuttomercatoweb.com)

Edited by burruchaga - 27/11/2007, 16:28
 
Top
atala
view post Posted on 26/11/2007, 18:12




Bhè ce ne sono veramente tanti! Nella Juve ad esempio troviamo Blanchard, oppure il mitico Esnaider!
 
Top
burruchaga
view post Posted on 26/11/2007, 18:25




Arriveranno anche loro... Te lo prometto... La lista è lunga...
 
Top
S.S. VIKING
view post Posted on 26/11/2007, 18:45




Bella questa prima puntata..... dedicata allo "zappatore" :)
 
Top
burruchaga
view post Posted on 27/11/2007, 16:26




2a Puntata:PERLA DI SAGGEZZA DEL GRANDE BOSKOV!!! :D :D :D

Perdomo: il "cane volante" del Genoa

image

José Batlle Teixeira, scritto e letto così, non susciterebbe grandi curiosità, eppure basta la semplice aggiunta di un altro nome (soprannome o meno) per riportare la mente a memorabili "oscenità calcistiche".
Sotto la Lanterna i più avranno riconosciuto, stropicciato gli occhi molto prima di noi altri.
Inevitabilmente il ricordo di Perdomo non può non sposarsi con quello dell'amatissimo e compianto Professor Franco Scoglio.
Correva l'anno 1989 ed il Genoa era stato appena promosso in serie A. Il campionato italiano era deliziato dalle gesta del Napoli di Maradona e dal Milan degli olandesi, ed allora il Professore di Lipari, amante di tatticismi, non poteva e non voleva essere da meno.
Un bel giorno prenotò il primo volo disponibile dall'Italia con destinazione Sudamerica: uno di quei posti in cui, all'epoca, con pochi spiccioli potevi portarti a casa il fenomeno inesplorato.
A Scoglio non mancava nè occhio esperto e nè capacità di convincimento, e in un batter d'occhio si portò nella "Zena" rossoblu un trio abbastanza "promettente": Josè Perdomo, Ruben Paz e Pato Aguilera. Fatta eccezione per quest'ultimo che, a memoria comune, ha lasciato un bellissimo ricordo in Italia, gli altri due poco avevano a che fare con l'Italia dal palato delicato.
Il Penarol di Montevideo si disfò di Perdomo con non molto rammarico, e al Genoa sembrò di aver trovato il "volante" di un prossimo ciclo vincente. Purtroppo però Perdomo non è mai stato un fulmine di guerra, nè quanto a velocità e nè per capacità tecniche, e le richieste di Scoglio di vederlo come perno del centrocampo rossoblu andarono ben presto inevase.
Quell'anno i tifosi genoani lo dovettero "apprezzare" in campo per ben venticinque volte, ma difficilmente ricorderanno sublimi prodezze balistiche: cartellini gialli ed improperi dagli spalti erano oramai il pane quotidiano di Perdomo in una Genova rossoblu bramosa e pretenziosa di un buon calcio e di soddisfacenti risultati.
Disgraziatamente (per lui) non solo i tifosi si avvicendavano nel conio di nuovi slogan e simpatici cori di disappunto, ma anche l'istrionico e simpaticissimo Vujadin Boskov, all'epoca alla guida della Samp, ebbe a dire la sua sul "pippero" uruguaiano dei Cugini. Fu memorabile, prima di un derby della Lanterna un coloratissimo pensiero al centromediano avversario: "Se io sciolgo il mio cane, lui gioca meglio di Perdomo".
(Perdomo rispose sul campo facendosi ammonire dopo soli trenta secondi).
Nell'ironia sdrammatizzante di Boskov si racchiude tutta l'esperienza italiana di Josè Perdomo, rigorosamente senza gol durante le sue apparizioni genoane.
Addirittura Perdomo fu capace di coniugare la beffa al danno etichettandosi della fama di "cattivissimo", cosa che però gli permise di collezionare svariate ammonizioni non potendo fregiarsi di altro.
Subito dopo questa triste parentesi ligure Perdomo fu ceduto al Betis Siviglia, in Spagna, dove non ricordano forse neanche il nome, per poi finire mesto e triste al Gimnasia La Plata nel 91/92 dove mise a segno "ben" due reti su sedici incontri.
Terminò senza lasciar traccia nel suo Penarol, in Uruguay.
Negli ultimi tempi nessuno sa di preciso come stia impiegando il suo tempo Perdomo. Si narra di alcune avventure come allenatore, in patria, con il Villa Espanola e il Tucuarembo.
L'infinita saggezza di Boskov ha colpito ancora?

E domani tocca alla Juve...
 
Top
S.S. VIKING
view post Posted on 27/11/2007, 16:54




Madooooooo chi hai tirato fuori, Perdomo :blink:

Questo topic è fantastico, certi "pipponi" una cerca di nasconderli nella propria memoria..... mitico Dino
 
Top
burruchaga
view post Posted on 27/11/2007, 17:03




CITAZIONE (S.S. VIKING @ 27/11/2007, 16:54)
Madooooooo chi hai tirato fuori, Perdomo :blink:

Questo topic è fantastico, certi "pipponi" una cerca di nasconderli nella propria memoria..... mitico Dino

Grazie... Spero che piaccia anche ad altri...

E ti assicuro che le "pippe" sono tante...
 
Top
burruchaga
view post Posted on 28/11/2007, 21:01




Come promesso oggi tocca alla "Vecchia Signora" e veramente vi chiedo se qualcuno di voi l'ha mai conosciuto...

QUANDO PUNTARE SUI GIOVANI SI RIVELA UN'IMMANE STRONZ...

Ronnie O'Brien, l'investimento irlandese della Juventus

image

Un sondaggio del sito ufficiale della Juventus lo eleggeva come miglior giocatore del 1999, e per poco non finiva anche nella classifica internazionale dei “Personaggi del Secolo”. Eppure, l’irlandese Ronnie O’Brien in Italia ha lasciato veramente poche tracce di sé. Come mai, allora, quelle onorificenze? Leggete e capirete…

Ronnie O’Brien nasce il 5 gennaio del 1979 a Bray, piccola città costiera situata nell’Ovest dell’Irlanda, a circa 20 chilometri da Dublino. E’ il secondogenito maschio di una famiglia come tante: dopo di lui, sulla porta di casa verranno attaccati altri due fiocchi rosa. Inizia a giocare a calcio nella squadra della sua scuola, con qualche parentesi in piccolissimi club come il Wolfe Tone, il Wayside Celtic, il St. Joseph's Boys e il Bray Wanderers. Ma è proprio nella rappresentativa scolastica che Ronnie dà il meglio di sé. Un allenamento e una partita ogni settimana: ritmi bassi, diremmo noi, ma congeniali al giovanissimo centrocampista, che tra un pacco di biscotti e un barattolo di conserva – lavora infatti come commesso in un supermercato – regala giocate di alto livello. Se ne accorge il Middlesbrough, che un po’ a sorpresa lo chiama a far parte della propria rosa: in realtà Ronnie vantava già qualche convocazione con la Nazionale irlandese Under 18, con la quale proprio durante l’estate del trasferimento vince il Campionato Europeo (battendo la Germania ai rigori). Insieme a lui, in quella Irlanda vittoriosa, figurano nomi del calibro di Damien Duff e Robbie Keane (proprio lui, la meteora interista!). La stagione 1997/98, dunque, segna il debutto dell’appena maggiorenne O’Brien nel calcio professionistico. Al Boro, in realtà, tira una brutta aria: il club è finito in serie B dopo una penalizzazione per fatti giudiziari, e l’ansia di risalire la china fa sì che non ci sia molto spazio per i meno esperti del gruppo. I ‘vip’, del resto, abbondano: l’anno precedente erano sbarcati direttamente dall’Italia Gianluca Festa e Fabrizio Ravanelli – presenze fatali, come si vedrà –, e a gennaio la società decide di chiamare in soccorso addirittura Paul Gascoigne. Ronnie non riesce ad entrare mai in campo; tuttavia, come dirà in seguito, fa tesoro degli insegnamenti del mister e dei più scafati compagni di squadra. La promozione in Premier League, alla fine, viene centrata, ma il cambio di categoria non giova affatto ad O’Brien, che l’anno successivo si ritrova ancora a fare la spola tra la panchina e la tribuna. Solo la Nazionale sembra ricordarsi di lui, e infatti le uniche occasioni per veder giocare il ragazzo sono le partite dell’Under 21 irlandese. Nell’estate del 1999, però, Ronnie decide di dare una svolta importante alla sua carriera. E per un calciatore irlandese di 20 anni, quasi del tutto sprovvisto di esperienza, reduce da due stagioni non brillanti in Premier League, c’è una sola possibilità per ‘fare il botto’: avere un ottimo procuratore. Purtroppo TMW ignora chi sia – se qualcuno può aiutarci, ci contatti! -, ma sicuramente può essere definito un vero e proprio mago del calcio colui il quale riuscì a far sbarcare il giocatore in uno dei club più prestigiosi del mondo: la Juventus. Sarà stato Fabrizio Ravanelli, ex con il dente un po’ avvelenato, a consigliarlo alla dirigenza bianconera, per puro scempio? Fatto sta che in quell’estate del 1999 si consuma uno dei trasferimenti più clamorosi e inspiegabili della storia del calcio: O’Brien firma un contratto di cinque anni con la Juventus, un vero e proprio investimento sul futuro del ragazzo da parte dei dirigenti torinesi. Le cifre dell’affare a tuttoggi sono ignote. Le motivazioni pure. Servirà, forse, un’altra Calciopoli per fare chiarezza…

A Torino, come a Middlesbrough nel 1997, il ventenne O’Brien trova un clima abbastanza teso. L’anno precedente i bianconeri si erano qualificati settimi in campionato, con conseguente rinuncia alle competizioni europee. Il progetto prevede una riscossa immediata, ma l’occhio vigile di Luciano Moggi sembra essersi appannato: in poche settimane arriva un’infornata di meteore composta da Bachini, Oliseh, Van der Sar e il nostro amico O’Brien, i quali si aggiungono ai già presenti Mirkovic ed Esnaider. Dirige l’orchestra il maestro Carlo Ancelotti. L’arrivo di O’Brien, come detto, lascia tutti sbalorditi e contenti: del resto se a 20 anni, da perfetto sconosciuto, firmi un contratto di cinque anni con la Juventus, agli occhi del profano sei un fenomeno destinato a esplodere in breve tempo. Si sprecano i paragoni con Liam Brady, l’unico irlandese ad aver assaporato prima di allora la serie A, e anche lì grazie alla lungimiranza della Juventus (che lo aveva preso, però, dall’Arsenal: stagione 1980/81). Per Robbie, manco a dirlo, è un sogno. “Un’esperienza straordinaria – ricorda oggi –. Ero entusiasta già da quando mi alzavo al mattino: non vedevo l’ora di allenarmi”. Del resto, il ragazzo più che allenarsi fa poco altro. Impiegato come centrocampista di destra, O’Brien fa vedere qualcosina durante il pre-stagione e timbra il cartellino in Coppa Intertoto. Sarà quella, alla fine, l’unica sua traccia lasciata in maglia bianconera. La partita è Juventus-Rosteselmash Rostov, si gioca allo Stadio Dino Manuzzi di Cesena e i bianconeri hanno già vinto 0-4 all’andata in Russia (con Ronnie in panchina). Al 77esimo – un minuto dopo aver assistito al 5-1 della ipertranquillità – Ancelotti decide di mandare in campo anche O’Brien al posto di Mirkovic. Circa 10 minuti, insomma, a risultato già clamorosamente acquisito: una bella iniezione di fiducia, non c’è che dire! Peraltro l’irlandese ha la sfortuna di essere completamente ignorato, il giorno dopo, sui giornali: infatti in quella partita Del Piero torna in campo dopo nove mesi di assenza e segna pure un gol, aggiudicandosi tutti i titoli e i sottotitoli dei quotidiani sportivi. Tra il centrocampista e la società bianconera qualcosa si rompe. A settembre il ragazzo viene già mandato in prestito, e la destinazione non è tra le più prestigiose: trattasi del Lugano, serie A svizzera, club che l’anno prima aveva preso in prestito dal Milan un certo Nelson Dida. Ma stavolta l’esperimento non è altrettanto felice: O’Brien ‘vede il campo’ per 8 volte, dopodiché viene caldamente invitato a trovarsi un’altra squadra. A gennaio finisce addirittura al Crotone, in serie B, dove incontra la meteora Cyprien: qui non si vede mai, neanche in panchina. Nell’estate del 2001 torna alla Juve ma solo per pochi giorni: di nuovo un prestito, stavolta in serie C1, con la speranza che almeno collezioni qualche presenza, giusto per salvare la faccia. Si ritrova a Lecco, agli ordini di mister Bruno Giordano, dove ancora una volta scende in campo solo 8 volte. “Sarà l’aria italiana a fargli male” pensano forse alla Juve, facendo comunque un torto geografico alla pur vicina Lugano. Nel gennaio 2002 si prova allora a darlo in prestito in Scozia, al Dundee United, ma anche qui il giocatore non va oltre le 6 presenze in campionato (ci si mette di mezzo anche un infortunio), condite tuttavia da un gol. In estate la Juve lo scarica, definitivamente. Anche se lui, a posteriori, racconta un’altra versione: “Continuavamo a dirmi che avevano dei progetti su di me per il futuro, ma io ero stanco di questi continui prestiti, peraltro in piccoli club. Così ho preferito andare via. L’unico della Juve con cui ho avuto un ottimo rapporto è stato Roberto Bettega: parlava un perfetto inglese, e mi ha sempre trattato con onestà e schiettezza. Quando gli ho detto che sarei andato a giocare in America è stato contento, perché se avessi fatto bene in un altro club europeo, la Juventus, che mi stava lasciando andar via, avrebbe fatto una brutta figura”. Smettetela di ridacchiare. A luglio 2002, dunque, Ronnie O’Brien lascia la Juventus e l’Italia, recriminando anche di non aver ricevuto alcuni pagamenti dalle squadre nelle quali era stato in prestito (“A volte mi pagavano solo l’albergo, ma non avevo soldi da spendere”, racconta). Eppure, ci credereste se vi dicessi che questo ragazzotto irlandese è stato votato nel 1999 come miglior giocatore della Juventus, scavalcando gente come Zidane e Del Piero? Tutto vero: in quell’anno un gruppo di studenti irlandesi, con uno scambio di mail a catena, decise di “truccare” il sondaggio di Juventus.it, riuscendo a far eleggere O’Brien (mai impiegato, come si è detto) come migliore della rosa, con il 32% delle preferenze. Un mese dopo la stessa comitiva di buontemponi riuscì a farlo entrare nella graduatoria dei “Personaggi del Secolo”, in un sondaggio web condotto dall’autorevole rivista americana “Time Magazine”. Qui O’Brien, sempre grazie al solito passaparola via mail, scalzò i vari Einstein e Martin Luter King attestandosi nelle prime posizioni, prima di essere eliminato dalla giuria selezionatrice. E menomale che allora TMW non aveva ancora lanciato il “Cercasi Calciatore Disperatamente”…

Come detto, nell’estate del 2002 O’Brien si trasferisce nel campionato statunitense, e precisamente al Dallas; qui le cose sembrano andare subito per il verso giusto, tanto che segna il suo primo gol negli USA a un quarto d’ora dal suo esordio, consentendo ai suoi di battere il San José per 2-1. L’anno successivo è costretto a fermarsi a lungo per un brutto infortunio alla tibia, ottenuto in uno scontro di gioco con l’ucraino Dema Kovalenko. Ma nel 2004 Ronnie – dopo aver meditato addirittura di lasciare il calcio giocato – ritorna in forma smagliante: 29 presenze, 2 gol e 10 assist, numeri che gli valgono la presenza nel “MLS Best 11” di quella stagione. Per il Dallas è ormai un punto fermo: l’anno successivo mette a segno ben 8 reti confermandosi tra i migliori dei suoi. Nel 2006 una mezza lite con il tecnico Colin Clarke condiziona un po’ il suo rendimento, e a fine stagione decide di accasarsi al Toronto, in Canada. Lascia, comunque, da idolo incontrastato della tifoseria. Nella Major League, che è iniziata ad aprile, O’Brien fino a questo momento ha collezionato otto presenze, ed è titolare inamovibile. Ora che le cose girano per il verso giusto e l’età non è ancora troppo avanzata (Ronnie ora ha 28 anni), c’è chi caldeggia un suo ritorno nella Nazionale irlandese. Ma lui non ha fretta: con sua moglie Vicki sta vivendo finalmente un momento felice della sua vita, e vuole goderselo. Gioca a golf quasi tutti i giorni, si diverte con la Playstation, ascolta tanta musica (soprattutto rap), guarda film in dvd (“The Snatch” il suo preferito). In una recente intervista, ha affermato che vorrebbe andare a cena con Zinedine Zidane, Bill Clinton e Lee Harvey Oswald, il presunto assassino di Kennedy. Ne verrebbe fuori un convivio sicuramente fuori dagli schemi. Insomma, Ronnie O’Brien ora è sereno, e in fin dei conti se lo merita. Quando si dice “aver trovato l’America”.
 
Top
Real Panico
view post Posted on 29/11/2007, 12:42




Onestamente non me lo ricordavo!

Complimenti a te per la splendida rubrica!
 
Top
atala
view post Posted on 29/11/2007, 13:49




Cavolo, non mi far riaffiorare questi brutti ricordi! Me l'ero proprio dimenticato!
 
Top
burruchaga
view post Posted on 29/11/2007, 17:56




Oggi tocca alla Maggica... È anche questo è un vero mito

Chi va piano va sano e va (poco) lontano

Jorge Luis Da Silva Andrade, detto "Er Moviola"

image


“Andrade tutti a fanc…”. Correva l’anno 1989 e basterebbe questo colorito striscione apparso in Curva Sud a dare un’idea dello stato di frustrazione in cui versavano i tifosi giallorossi, stanchi delle prestazioni della loro “magica” e soprattutto di quelle del difensore-centrocampista Jorge Luis Da Silva, detto Andrade.


Estate 1988: è il primo anno in cui la sede della Roma viene spostata a Trigoria lasciando quella di Via del Circo Massimo 7. Il presidente Viola compie l'acquisto più caro di sempre (all'epoca) della Roma ingaggiando dal Cesena il giovane attaccante Ruggero Rizzitelli. Inoltre prende in prestito dal Milan Daniele Massaro e porta a Roma due brasiliani destinati a rimanere storia della Roma (per le loro prestazioni a dir poco scarse): Andrade e Renato Portaluppi. Il primo, in particolare, classe 1957, arriva ultratrentenne nella Capitale per soli 100 milioni di lire: doveva essere l’erede di Falcao. Aveva giocato nel Flamengo di Zico e aveva appena vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi con la maglia verdeoro. "Ha i piedi raffinati" si diceva di lui: nessuno gli ha mai contestato questa qualità. Sarebbe stato un centrale perfetto nel calcio "bailado" degli anni 70. Il problema è che, venti anni dopo, i ritmi di gioco si sono raddoppiati e sembrava che il nostro non se ne fosse accorto… In poco tempo si conquista il soprannome di "Er Moviola" in virtù della sua innata capacità di restare immobile in un punto fisso del centrocampo. Niels Liedholm, allenatore dei giallorossi del tempo, lo impiega 9 volte (0 reti). Si narra che durante un incontro di coppa UEFA a Dresda, con la neve e il campo ghiacciato, Liedholm lo fece entrare e lo sostituì dopo pochi minuti, dopo averlo visto scivolare e cadere rovinosamente in terra. Abbiamo raccolto anche altre testimonianze dei tifosi giallorossi: si racconta di quando all’esordio al Flaminio, in Coppa Italia, uno sconosciuto danese del Como non gli fece toccare un pallone. O di quando alla prima di campionato riuscì addirittura a colpire una traversa: pie illusioni… La Roma, reduce dal terzo posto dell’anno precedente, parte con tutte le migliori intenzioni ma farà un campionato piuttosto scarso. Liedholm verrà silurato, sostituito prima con Spinosi, e poi richiamato per conquistare una tribolata salvezza.

E Andrade? E’ stato l’unico giocatore ad aver vinto 5 campionati brasiliani (4 con il Flamengo e 1 con il Vasco de Gama), oltre ad una Coppa Libertadores e una Coppa Intercontinentale. Da grande è diventato allenatore nella squadra di proprietà di Zico, la CFZ. E’stato anche nel corpo tecnico delle giovanili brasiliane. Una curiosità: il nuovo punto di forza della difesa juventina è un portoghese: si chiama Andrade e di nome fa Jorge… La coincidenza è inquietante: rivedremo di nuovo “Er Moviola”?


 
Top
11six
view post Posted on 30/11/2007, 09:19




CITAZIONE (burruchaga @ 29/11/2007, 17:56)

“Andrade tutti a fanc…”. Correva l’anno 1989 e basterebbe questo colorito striscione apparso in Curva Sud a dare un’idea dello stato di frustrazione in cui versavano i tifosi giallorossi, stanchi delle prestazioni della loro “magica” e soprattutto di quelle del difensore-centrocampista Jorge Luis Da Silva, detto Andrade.

Beh, direi difensore-centrocampista-punta-portiere: se da difensore giocava come giocava non credo che negli altri ruoli avrebbe potuto far peggio quindi possiamo dargli la qualifica pure per i ruoli rimanenti!!! :D :D :D
 
Top
Real Panico
view post Posted on 30/11/2007, 10:20




Andrade tutti a fanc.... non si batte!!! :D
 
Top
burruchaga
view post Posted on 30/11/2007, 14:43




Per la Par Condicio oggi tocca ai laziali... :D

L'inesperienza di lotito...

OSCAR LOPEZ: IL PRIMO BIDONE NON SI SCORDA MAI...

image

Il ricordo delle sue prestazioni nel campionato italiano non è stato certo indelebile, nemmeno per i tifosi della Lazio, dove ha militato nella stagione 2004/2005. Le tifose forse se lo ricordano un po’ di più, grazie al suo aspetto sicuramente affascinante..
Quello era un periodo in cui Lotito era diventato da poco presidente della squadra biancoceleste, che aveva praticamente salvato sull’orlo del fallimento, e così la sua politica societaria fu subito improntata all’austerity, cercando di scovare in Italia e all’estero giocatori di valore ma dal non eccessivo costo del loro cartellino. Questa era l’intenzione che ci si era prefissati anche con l’acquisto di Oscar Lopez, difensore classe 1980. Ai fatti però sarà solo un’intenzione…

Oscar giunge alla Lazio dal Barcellona e forse anche il fatto che una squadra come quella catalana decidesse di privarsi di un difensore giovane come lui avrebbe dovuto far riflettere i dirigenti laziali, che pensavano invece di avere fatto un affare.
Oscar, che vestirà la maglia numero 4 della squadra biancoceleste, riesce a totalizzare 14 presenze nel nostro campionato, due in Coppa Italia e tre in Champions League. Sue caratteristiche sono quelle di essere un difensore poco attento alla fase difensiva e maggiormente in quella offensiva e sarà proprio anche a causa sua che la difesa della Lazio in quella stagione subì diversi gol…

Al termine di quella stagione Oscar ritorna in patria, questa volta nelle file dei biancoverdi del Betis Siviglia, per poi passare all’inizio della stagione 2006/2007 alla squadra neopromossa nella Liga del Gimnastic di Tarragona, dove però riesce a totalizzare pochissime presenze a causa di un bruttissimo infortunio da cui ancora non si è ripreso.
 
Top
S.S. VIKING
view post Posted on 30/11/2007, 18:14




Madoooooooooooo fate retro ...... che pippone :huh:
 
Top
53 replies since 26/11/2007, 17:30   580 views
  Share